Il Controtransfert ed il Controtransfert Erotico/Erotizzato

Il Controtransfert ed il Controtransfert Erotico/Erotizzato

Il Controtransfert ed il Controtransfert Erotico/Erotizzato

Nessun commento su Il Controtransfert ed il Controtransfert Erotico/Erotizzato

di Antonino M. Raneri

“Abbiamo acquisito la consapevolezza del “controtransfert” che insorge nel medico per l’influsso del paziente sui suoi sentimenti inconsci, e non siamo lungi dal pretendere che il medico debba riconoscere in sé questo controtransfert e padroneggiarlo… ogni psicoanalista procede esattamente fin dove glielo consentono i suoi complessi e le sue resistenze interne.”.
(Freud, 1910)

Premessa
Il presente lavoro è volto a fornire una sintesi delle concettualizzazioni in merito al controtransfert, nella tradizione psicodinamica, in particolare al controtransfert erotico ed erotizzato, inoltre sarà riportato un caso di gestione del controtransfert erotico svolto da un’analista transazionale: Helena Hargaden (Premio Eric Berne 2007)
Nascita, evoluzione e significati del termine controtransfert
In una lettera del 6 ottobre 1910 indirizzata a Ferenczi, che era in analisi con lui, Freud si scusava del proprio insuccesso nel superare certi sentimenti controtransferali che avevano ostacolato l’analisi del collega.
Il termine controtraslazione fu utilizzato da Freud per la  prima volta in una lettera del 4 giugno 1909, nella quale egli rispondeva ad una missiva di Jung che lo informava del proprio rapporto con Sabina Spielrein.
Freud si trova in una posizione privilegiata perché è osservatore di tre iniziali fenomeni controtransferali erotizzati: il rapporto tra Jung e Sabina, Sandor Ferenczi ed Elma Pàlos ed ancor prima Josef Breuer e Bertha Pappenhein (Anna O.).
Possiamo affermare che la nascita del termine controtransfert è associata al controtransfert erotizzato.
Questi fenomeni inducono Freud, sotto l’influenza di Jung, a raccomandare l’analisi dello psicoanalista con controlli ogni 5 anni.
Il controtransfert è considerato un problema, l’analista deve saper padroneggiare tali vissuti e può intervenire solo quando tali vissuti, espressione di complessi non risolti nell’analista, sono stati elaborati.
Per Freud il controtransfert è uno dei problemi tecnicamente più difficili della psicoanalisi.
Freud vedeva la mente come uno “strumento”, il cui funzionamento efficace, nella situazione analitica, era impedito dal controtransfert.
Perché una risposta nell’analista fosse definita controtransfert, doveva costituire una sorta di “resistenza” nell’analista al lavoro analitico con il suo paziente.
Il “contro” nella parola controtransfert può indicare:
una reazione nell’analista che denota un processo parallelo a quello del transfert del paziente;
una reazione che vi si oppone, come un contrapporsi.

Le prime riflessioni in merito furono elaborate e proposte da Ferenczi che riconobbe la natura intersoggettiva della relazione terapeutica e l’importanza di un atteggiamento empatico-materno da parte dell’analista. Qui il contro-transfert perde l’accezione oppositiva del prefisso, esso si manifesta insieme al transfert del paziente e, a volte, può pure precederlo. Per Ferenczi, come per Freud, “il miglior analista è un paziente analizzato”. Egli pone l’attenzione sulla capacità empatica dell’analista, la capacità di accogliere il trauma. Il trauma, oggetto di studio di Ferenczi, non è solo ciò che è accaduto ma anche ciò che non è accaduto. L’analista ha il compito di essere disponibile ad ospitare il trauma dentro di sé solo così esso potrà palesarsi.
Adolph Stern, nel 1923, parlò di due tipi di controtransfert: uno, ostacolo alla comprensione, derivante da residui nevrotici e l’altro, utile all’analisi, in risposta al transfert del paziente.
Helene Deutsch sostiene che perché vi sia una comunicazione affettiva all’interno della situazione analitica deve avvenire una comunicazione tra inconsci. L’analista deve essere in grado di identificarsi parzialmente con l’immagine di oggetti infantili del paziente. Tale identificazione è possibile perché i processi di sviluppo di entrambi le parti della diade sono simili.
Quindi la propria risonanza emotiva permette all’analista di ricostruire ciò che avvenne al paziente lì e allora e che oggi viene riattualizzato nella dinamica transfert-controtransfert all’interno della seduta.
Questa visione evoca la concezione berniana dell’intuizione intesa come capacità di cogliere le immagini primarie del soggetto.

Fu Jung (1929) il primo psicoanalista ad utilizzare il controtransfert ed affermare che lo psicoanalista non deve difendersi dietro una “nube di autorità paternalistico-professionale” perché questo atteggiamento impedisce di servirsi di un “organo essenziale di conoscenza”. Jung palesa la presenza di due livelli relazionali che oggi sono sostenuti dalla prospettiva relazionale, in particolare mi riferisco al concetto di conoscenza implicita di Daniel Stern quindi alla qualità intersoggettiva del funzionamento mentale. Jung sostiene che tra terapeuta e paziente esistono influenze che riguardano i fenomeni transferali ma anche altri fenomeni irrazionali che operano una reciproca trasformazione.
Ella F. Sharpe (1927 e 1947) afferma che un analista ha complessi, punti oscuri e limiti significa semplicemente dire che egli è rimasto un essere umano, e “quando smetterà di essere un comune essere umano, smetterà di essere un buon analista”.
I Balint (1949) allargano la concezione del controtransfert includendo non più la sola reazione emozionale patologica, ma ogni reazione emozionale del clinico nei confronti del paziente compreso l’atteggiamento professionale.

Secondo la Klein il paziente scinde e proietta parti di sé sull’analista. L’analista sente e deve assumere il ruolo che il paziente gli assegna per comprendere la sua esperienza interna, analizzarla e restituirla, elaborata, al paziente.
Il processo è denominato identificazione proiettiva, concetto introdotto, negli anni 1924-25, dal triestino Edoardo Weiss (projektive Identifizierung). Mi chiedo se e in che modo tale concetto sia stato utilizzato da Berne.
Si utilizzarono sempre più i concetti di identificazione proiettiva e controindentificazione proiettiva.
Il concetto di identificazione proiettiva adombrò quello di controtransfert, probabilmente anche perché gli analisti erano stanchi di sentirsi dire dai loro supervisori che, se stavano male o provavano sentimenti angoscianti, era causa loro quindi dovevano proseguire la loro analisi.
Così utilizzando il concetto di identificazione proiettiva “i colpevoli” erano sempre i pazienti, si commise l’errore uguale e contrario. Dapprima le difficoltà erano prevalentemente dell’analista ora sono del paziente.
Come funziona l’identificazione proiettiva?
Il processo implica tre fasi:
la proiezione: sbarazzarsi di un contenuto spiacevole e metterlo o proiettarlo “dentro” qualcun altro. La persona proietta per evitare che la parte “cattiva” possa distruggere la parte “buona”. Questo fenomeno ha posto delle questioni che saranno affrontate dagli analisti successivi. Ad esempio distinguere quando, e se, la proiezione dipende dalle caratteristiche di personalità del terapeuta e/o dai suoi comportamenti.
la pressione interpersonale: la Klein parlava di “controllo” da parte di chi proietta su colui che riceve la proiezione. Migone associa questa situazione a quella del doppio legame descritta da Bateson, perché affinché si sperimenti questa situazione di controllo è necessaria una relazione intensa, come ad esempio quella terapeutica o quella genitore-figlio. Se il soggetto pensa che il passante ce l’abbia con lui si parla si semplice proiezione, non c’è la relazione interpersonale. La pressione interpersonale è vissuta come una minaccia, quando aleggia un’atmosfera del tipo “altrimenti guai a te!”. L’identificazione proiettiva sarebbe come un fenomeno di “possessione” all’interno di un rapporto interpersonale più o meno stretto (Migone). Odgen sostiene che è come se queste madri dicessero ai loro figli: “Posso vedere in te solo quello che io ti metto dentro. Se non lo vedo, non vedo niente”. Il terapeuta sperimenta dei sentimenti di cui non è chiara l’origine, cioè se sono suoi o no. Egli è confuso. Langs dice che il terapeuta deve fare attenzione a distinguere ciò che è nostro da ciò che non lo è, egli parla di un’interfaccia me/non me (me/not me interface).
reinternalizzazione: è il processo di elaborazione dei contenuti proiettati dal paziente attraverso la sua capacità di contenimento, di reverie (Bion). Il terapeuta deve “sentire” questo sentimento, guardarlo, contenerlo, conviverci per un po’, eventualmente parlarne con il paziente, insomma non trattarlo anche lui come una patata bollente, negandolo, mascherandolo, spostandolo, o riproiettandolo fuori, magari sul paziente stesso. Questo processo genera nel terapeuta sentimenti nuovi che il paziente sentirà e vedrà e sono questi nuovi sentimenti con cui il paziente può identificarsi “internalizzandoli”. Ma il paziente non internalizza solo i sentimenti ma anche, anzi soprattutto, le capacità del terapeuta di gestire quei vissuti che lui non sapeva come gestire. L’aspetto centrale della terapia sarebbe dunque l’apprendimento, da parte del paziente, di determinate strategie (affettive, cognitive, etc.) che il terapeuta mette in atto per far fronte agli stati emotivi che egli vive nella relazione con lui.

L’autore che determinerà una svolta nella concezione del controtransfert è Donald W. Winnicott (1950). Egli distingue tre significati del termine controtransfert.
controtransfert come espressione di aree conflittuali, rimosse nell’analista, quindi egli deve riprendere l’analisi;
controtransfert come tendenze identificatorie dell’analista connesse alla sua specifica personalità e storia di sviluppo;
controtransfert come reazione alla personalità ed ai comportamenti oggettivi del paziente.

Winnicott si occupa del tema dell’odio nel controtransfert, egli porta l’attenzione sul mondo emotivo dell’analista, sull’opportunità per l’analista di sentire sia sentimenti d’amore che di odio, quindi di sperimentare una relazione umana totale. Solo lo sviluppo di tale capacità permetterà anche al paziente di poter sperimentare i suoi sentimenti rimossi.
Il paziente deve sperimentare che il terapeuta non sarà distrutto dai suoi attacchi aggressivi, quindi che conserverà la relazione, ciò è possibile se anche il terapeuta si permetterà di sentire in lui l’odio e per questo non sentirsi distrutto.
Questa visione fu approfondita da Fairbairn secondo cui il fattore decisivo nel trattamento analitico è la relazione tra paziente e analista, intesa non semplicemente come relazione transferale ma come relazione globale e reale tra persone.
Secondo Fairbairn e Guntrip il non farsi carico del controtransfert significa comunicare al paziente che non si prova nessun interesse verso di lui come persona.
Margaret Little sostiene che il paziente percepisce il mondo emotivo del terapeuta e risponde al controtransfert inconscio ancor prima che il terapeuta ne sia consapevole (tema ripreso da Langs). Se il terapeuta non riconosce i suoi vissuti emotivi è possibile che il paziente si identifichi, attraverso l’introiezione, con l’insincerità dell’analista.
Heinrich Raker è un’analista argentino che ha proposto un’interessante distinzione tra controtransfert concordante e controtransfert complementare.
Il controtransfert concordante è la capacità dell’analista di percepire ed intuire il mondo che il paziente aveva sperimentato da bambino. Quello complementare avviene quando l’analista si identifica con il ruolo assegnatogli dal paziente, cioè quello di un oggetto interno, riproducendo così nel setting l’antica relazione oggettuale patogena.
I meccanismi che sottostanno ai due tipi di controtransfert sono l’identificazione concordante e complementare.
Raker introduce anche i concetti di controtransfert diretto e indiretto, pensieri di controtransfert e posizione di controtransfert.
Il controtransfert diretto è legato alla relazione con il paziente, quello indiretto a persone altre dal paziente, ad esempio il supervisore. I pensieri di controtransfert sono fantasie che il terapeuta si scopre a fare senza un collegamento razionale con il paziente e il materiale da lui portato. Il terapeuta deve attendere e ricevere conferma dal materiale portato dal paziente per valutare se sono connessi a se o sono connessi al paziente nel qual caso divengono materiale utile per l’interpretazione.
La posizione di controtransfert spesso è connessa, ma non sempre, a conflitti profondi nel clinico.
Kernberg parla di “fissazione di controtransfert cronica” per indicare la risposta di controtransfert nei confronti di pazienti che si situano verso l’estremo psicotico del continuum.
Il lavoro di Raker è sviluppato da Lèon Grinberg, suo allievo, che introduce il concetto di contro identificazione proiettiva: il terapeuta si sente forzato ad assumere una posizione dal paziente, quella che egli gli ha messo dentro tramite l’identificazione proiettiva.
Wilfred R. Bion (1950-60) modificò il concetto di identificazione proiettiva e introdusse quello di contenitore-contenuto, la funzione di rệverie della madre. L’identificazione proiettiva è una forma normale di comunicazione intersoggettiva con cui il bambino comunica alla madre le sensazioni che non riesce a contenere. Se la madre riesce a elaborare e restituire al bambino in una forma tollerabile e pensabile, in quanto dotata di significato, faciliterà il suo sviluppo psichico in caso contrario si svilupperà una identificazione proiettiva patologica.
Bion, come Berne, sostiene che il terapeuta deve accostarsi alla seduta in uno stato mentale caratterizzato dall’assenza di memoria e desiderio.
Masud Khan (1969) definì il controtransfert come “la capacità non patologica dell’affettività, dell’intelligenza e dell’immaginazione dell’analista di comprendere tutta la realtà del paziente”. L’importante è differenziare ciò che appartiene al terapeuta e ciò che appartiene al paziente.
Joseph Sandler introduce il concetto di “risonanza di ruolo”, sottolineando la natura relazionale della coppia terapeuta-paziente. Il paziente cerca di attualizzare, di realizzare nella realtà esterna l’interazione sé-oggetto che è presente nella sua fantasia di desiderio inconscia dominante. Questa pressione da parte del paziente può portare ad esperienze controtransferali o ad enactment di controtransfert da parte dell’analista.  Sandler introduce il concetto di “rispondenza liberamente fluttuante” del terapeuta, mantenuta entro i limiti stabiliti dalle regole del setting. Il terapeuta deve lasciarsi usare dal paziente. Assumere la posizione che lui desidera per comprenderlo e solo mediante l’osservazione del suo comportamento potrà accorgersi in che modo il paziente l’abbia influenzato, quindi solo dopo che il comportamento è già avvenuto.
Robert Langs parla della situazione analitica come “campo bipersonale” in cui la mente è vista come un sistema aperto in costante interazione con il clinico. Sostiene l’importanza dell’identificazione proiettiva e come essa sia anche del terapeuta, così è possibile parlare di un controtransfert del paziente alle comunicazioni del terapeuta. Così le comunicazioni del paziente non sono solo espressione del suo mondo interno ma anche delle comunicazioni del terapeuta pertanto egli diviene “supervisore inconsapevole” del terapeuta.
Harold F. Searls sostiene che la situazione analitica è profondamente interpersonale, processi di introiezione e proiezione sono bidirezionali sino al punto che il paziente possa divenire l’interprete di alcuni aspetti del funzionamento mentale del terapeuta.
Il terapeuta con i suoi comportamenti elicita nel paziente specifiche risposte transferali.
Cristopher Bollas sostiene che l’analista deve essere autentico nella relazione con il paziente se vuole permettere a lui di riappropriarsi dei propri autentici modi di essere spontaneo.
Il terapeuta deve riflettere sul duplice ruolo di soggetto-oggetto all’interno della diade. Se si lascia usare dal paziente comprenderà come è stato usato e comprenderà il vero sé dell’analizzando.
Il controtransfert è importante per far vivere al paziente il “conosciuto non pensato” ossia quelle esperienze che non hanno avuto la possibilità di essere espresse e condivise.
Lo stato di controtransfert più normale è rappresentato dall’esperienza di non sapere ancora. Fondamentale è la capacità dell’analista di sopportare il dubbio e le incertezze di non conoscere, stato che permette al paziente di manipolare il clinico nell’uso del transfert per raggiungere l’identità d’oggetto.
John Steiner invita il clinico, al fine di comprendere l’interazione con il paziente, a ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione:

  • aut osservazione;
  • osservazione dei propri comportamenti (verbali e non)
  • le risposte del paziente;
  • l’atmosfera globale della seduta.

Ronald Britton pur non trattando specificatamente del controtransfert ha introdotto l’utile concetto di “spazio triangolare” cioè uno spazio relazionale che implica “una terza posizione” dalla quale è possibile osservare le relazioni oggettuali. Tale concetto è una rivisitazione del concetto triangolare edipico in chiave relazionale ed esprime l’importanza della costruzione interna di uno spazio tridimensionale che implica la possibilità, come direbbe Masud Khan, di pensare ed esperire in presenza dell’altro.

2. Termine coniato da T. Jacob nel 1986.

Quando non esiste tale possibilità il paziente utilizza il linguaggio come azione per influenzare il terapeuta e non come strumento per pensare. Al contempo vive le parole dell’analista come atti. Il terapeuta ha il compito di comprendere il mondo emotivo e il significato di quegli atti per offrire al paziente la possibilità di pensarli quindi dotarli di senso.
Daniel Stern sottolinea l’importanza della dimensione intersoggettiva, cioè della relazione reale tra terapeuta e paziente. Questa relazione avviene attraverso processi impliciti composti da elementi non verbali, ma anche di pensieri e affetti che avvengono al di sotto della consapevolezza.
Stern ha studiato la comunicazione madre – bambino nel primo anno di vita e tale studio, insieme alle ricerche neuro scientifiche sui neuroni a specchio, ha evidenziato che l’essere umano è programmato per cogliere l’intenzionalità dell’altro. Noi siamo interconnessi. A livello neuroscientifico sappiamo che i neuroni a specchio sono vicini ai neuroni motori.
Quando osserviamo un movimento noi lo mimiamo dentro di noi e così riproduciamo l’esperienza dell’altro in noi.
Questo ci permette di comprendere ciò che vive l’altro, noi siamo costruiti per essere “dentro” le altre persone ed essere partecipi delle loro esperienze.
Questo significa che il nostro cervello è predisposto a individuare le intenzione altrui.
Intersoggettività è poter dire: “so che tu sai che io so” – “Sento che tu senti che io sento”.
L’intersoggettività è uno dei sistemi motivazionali come l’attaccamento ed il sesso.
Noi sopravviviamo unicamente in gruppi, famiglie o tribù.
L’Intersoggettività permette una coordinazione di gruppo estremamente flessibile e adattiva.
La società non potrebbe mai avere un sistema morale se non ci fosse l’intersoggettività.
E’ possibile essere molto attaccati a una persona senza essere in intimità psichica.
La motivazione intersoggettiva è una sorta di modulazione tra l’esser completamente soli da una parte e l’essere completamente trasparenti dall’altra, come se tutti ci potessero leggere dentro.
Berne ha chiamato tale capacità intuizione. Egli aveva compreso che tale capacità aveva a che fare con l’elaborazione delle informazioni derivanti dalla percezione dei movimenti dei muscoli.
Per Stern quando due persone si incontrano ci sono delle dinamiche che somigliano al mondo animale; ad esempio, le persone coinvolte si chiedono implicitamente, cioè senza esserne coscienti, mi piaci? Sei troppo vicino? Sei troppo lontano?. Egli sostiene che il cambiamento terapeutico avviene attraverso fenomeni denominati “now moment”; questi momenti sono richieste da parte del paziente di ottenere dal terapeuta una risposta autentica e se essi la riceveranno si osserveranno dei cambiamenti positivi nella terapia. In caso contrario si osserverà una situazione di stallo.
Un esempio di now moment tratto da una seduta di S. Mitchell, fondatore della prospettiva relazionale in psicoanalisi. La paziente è una giovane donna, intelligente e perfida, che lo criticava e gli faceva notare come fosse poco bravo. Un giorno questa paziente si zittì improvvisamente (di solito significa che è in arrivo un now moment) e poi disse:
“se in questo momento fossimo per la strada, fuori di qui, e se io non fossi una sua paziente e non fossimo in una seduta di terapia e se io le avessi detto quello che le ho appena detto, che cosa mi direbbe lei?”.
Ci fu un silenzio – c’è sempre un silenzio a questo punto – dopo di che il terapeuta disse: “se fossimo per la strada? E questa non fosse una terapia? E se lei mi avesse detto tutte queste cose? Che cosa direi io? Le direi di andare a farsi fottere!. Ma io sono il suo terapeuta e qui siamo in terapia”. Subito dopo lei si calmò e smise di tormentarlo.

Eagle critica l’utilizzo del concetto di identificazione proiettiva: “Per quanto è a mia conoscenza, nell’accezione originaria di Melanie Klein, l’identificazione proiettiva è intesa in termini interamente intrapsichici.”. “Non c’è nulla di misterioso…nel fatto che una persona riesca ad indurre un’altra a sentirsi critica o ostile mediante l’emissione di determinati segnali, spesso molto sottili, dei quali entrambe possono non essere consapevoli”.
Eagle mette in guardia nell’attuale prospettiva relazionale dal commettere l’errore dello “schermo bianco”, mentre prima il terapeuta doveva essere uno schermo bianco, quindi centrato sul paziente, oggi il rischio è che sia eccessivamente centrato su di sé.

Sintesi degli attuali significati del termine controtransfert:
resistenze dell’analista dovute all’attivazione dei suoi conflitti interiori;
transfert dell’analista verso il paziente; il paziente diviene una figura importante della storia dell’analista;
risposta all’identificazione proiettiva del paziente, il terapeuta è il veicolo o di un aspetto del Sé del paziente o di un aspetto dell’oggetto del paziente;
le reazioni dell’analista al transfert del paziente;
il prodotto dell’interazione paziente-analista all’interno del “campo di comunicazione” (Langs);
la dipendenza dell’analista dalla “validazione” da parte del paziente (Khout);
caratteristiche della personalità dell’analista o eventi della vita dell’analista (per esempio una malattia) che si riflettono nel suo lavoro.

In sintesi, per Kernberg, abbiamo due orientamenti: quelli della scuola “classica” e quelli della scuola “relazionale”.
Per la scuola classica il controtransfert è la reazione inconscia dell’analista al transfert del paziente ed è connessa ai suoi problemi nevrotici non risolti, egli deve occuparsi di tali problemi proseguendo l’analisi.
Per la scuola relazionale il controtransfert è l’insieme delle reazioni consce ed inconsce dell’analista evocate sia dal transfert del paziente sia dalla specifica realtà del paziente. Le reazioni dell’analista sono innescate anche dai bisogni reali e nevrotici dell’analista.

Critica della scuola classica a quella relazionale:
ampliando il significato del termine si crea confusione perché perde ogni significato specifico;
l’eccessiva importanza della reazione dell’analista produce un eccessivo spostamento dalla posizione neutrale ideale alla quale dovrebbe tendere;
neutralità non significa freddezza, distacco e mancanza di umanità dell’analista; ciò è stato scritto da Freud nel carteggio Freud-Pfister (1909-1939).

3. Kernberg la chiama “totalistica” io ho scelto di utilizzare il termine “relazionale” perché lo scritto, da cui ho tratto i contenuti, risale agli anni ’60/’70 quando ancora questo termine non era utilizzato per indicare uno specifico orientamento teorico.

Critica della scuola relazionale a quella classica:
una definizione ristretta di controtransfert incoraggia nell’analista un atteggiamento fobico nei confronti della propria reazione emotiva e ciò limita la comprensione del paziente;
la libertà di sentire le reazioni emotive attuali e passate permette di comprendere la comunicazione non verbale tra analista e paziente. Informazioni importanti per comprendere il paziente.;
un gruppo importanti di pazienti attraverso i loro transfert facilitano forti reazioni controtransferali nell’analista ; questa reazione è un importante informazione che può essere usata dal terapeuta per comprendere il nucleo centrale del problema del paziente dinanzi alla sua caotica esposizione.

Un altro tipo di controtransfert è connesso alle relazioni del terapeuta con il sistema sociale e professionale. Tema anticipato da Berne quando descrive i diversi livelli  di contratto.

Robert Langs proppone di non utilizzare più i concetti di transfert e controtransfert perché non sono utili al lavoro terapeutico in quanto esprimono significati diversi e contrastanti e spesso sono distanti dalla realtà di ciò che accade nella relazione terapeuta-paziente. In particolare nel suo approccio terapeutico, quello “comunicativo”, l’inconscio non è un sistema che distorce la percezione della realtà ma al contrario permette di cogliere aspetti della realtà in maniera più precisa e puntuale.
Egli sottolinea l’importanza degli aspetti intrapsichici ma sostiene che le reazioni del paziente non sono solo espressione dei suoi conflitti inconsci bensì reazioni, consce ed inconsce, agli interventi del terapeuta. Il paziente con i suoi “comportamenti” fornisce utili informazioni su come funziona il terapeuta. Egli preferisce parlare di “follia” anziché di controtransfert e di interazione terapeuta-paziente.

Per Khout ciò che è importante nella relazione terapeutica è l’empatia, cioè la capacità di stare con il paziente comprendendo la sua personale prospettiva. Un insight sul proprio controtransfert è utile ma ciò che più importa è come lo utilizziamo. Ci è utile per comprendere il mondo emotivo del paziente ma se lo offriamo a lui subito possiamo ferirlo, spesso è bene far in modo che il paziente arrivi da sé alla comprensione perché, soprattutto nei disturbi narcisistici, potrebbe viverlo come una prova della propria incapacità.

Per Sandler “L’assetto mentale professionale del terapeuta, che gli consente di conservare una certa “distanza”, pur rimanendo in “contatto” con i propri sentimenti e con quelli del paziente, è di grandissima utilità e importanza per la conduzione del lavoro analitico.”.

Eric Berne sostiene che il copione è un dramma transferale, il paziente non solo rivive il transfert con il terapeuta ma riattualizza le relazioni vissute nel passato attraverso le relazioni presenti, riproducendo così l’intero scenario infantile. Ad esempio una paziente vittima di abuso in famiglia, con una madre imprevedibile e critica, si ritrova a lavorare in un contesto in cui il dirigente, e l’intera organizzazione,  le chiede di essere disponibile spesso fuori dall’orario di lavoro concordato, anzi ciò che è concordato è proprio la disponibilità ad essere reperibile.
Per Berne il controtransfert è la reazione agita dal Genitore del terapeuta. Questa è la posizione classica del controtransfert.
In Analisi Transazionale uno degli autori che hanno approfondito il tema del controtransfert, recuperando le evoluzioni in ambito psicoanalitico di matrice relazionale, è Michele Novellino (Premio Eric Berne 2003).
L’autore pone il termine controtransfert in relazione ai termini difesa e resistenza.
La resistenza è l’emergere dei meccanismi di difesa, in una certa fase della terapia, che bloccano l’emergere di materiale inconscio.
La difesa è il meccanismo intrapsichico inconscio che serve al soggetto per difendersi dall’emergere di materiale vissuto come pericoloso per l’equilibrio cosciente e di natura conflittuale. Le difese sono strategie dell’Io contro l’angoscia.
La difesa si esplicita nel transfert. Il tipo di difesa ci dice la fase evolutiva dell’impasse.
Il controtransfert avviene quando il terapeuta mette in atto problemi non risolti con le proprie figure genitoriali creando una contro resistenza. “A questo punto il rapporto terapeuta/paziente viene visto come una diade di persone che si influenzano a vicenda, anche tramite i loro meccanismi difensivi e transferali.”.
La contro resistenza è il sistema difensivo messo in moto dall’inconscio del terapeuta come conseguenza di un controtransfert negativo.
Il modello per poter analizzare si rifà al concetto di dialogo interno di Kahler. Abbiamo due sequenze di dialogo interno:
introiettiva: l’emittente energizza il proprio Genitore sollecitando nel ricevente il Bambino Adattato;
proiettiva: la persona proietta sull’altro il proprio Genitore energizzando il proprio Bambino Adattato.
Questi processi si fondato sull’identificazione concordante e  complementare.
Identificazione concordante: il terapeuta si identifica nel Bambino del paziente (B-B).
Identificazione complementare: il terapeuta si identifica con il Genitore del paziente (G-B).
La resistenza va gestita attraverso un approccio triadico che tiene conto della resistenza del paziente, terapeuta e del sistema.

Il controtransfert erotico ed erotizzato

L’amore romantico: riflessioni psicoanalitiche e analitico-transazionali.

Il tema dell’amore quindi delle relazione affettive è spesso al centro delle richieste dei nostri pazienti diventando il focus del nostro lavoro terapeutico.
Lo stesso Freud vede l’impresa psicoanalitica come una liberazione delle pulsioni sessuali rimosse volte a restaurare la capacità di amare e lavorare.
In uno scritto del 1912 Freud affermava che l’”impotenza psichica” era, dopo l’angoscia, la forma di disagio psichico più comune; era una limitazione della capacità di desiderare e sostenere il desiderio, una sorta di flaccidità psicologica.
Freud osservava che alcuni pazienti “Dove amano, non provano desiderio…e dove lo provano non possono amare”.
I suoi studi sull’ipnosi l’avevano portato a considerare l’amore come suggestione, quindi come un legame erotico.
Il trattamento psicoanalitico è un tentativo di liberare l’amore rimosso che aveva trovato nel sintomo una laboriosa soluzione di compromesso.
Nell’amore romantico il soggetto spera che la persona amata possa guarire la ferita di un oggetto primario non sufficientemente buono.
Nella nostra cultura greca sono individuate tre forme d’amore: agape, l’amore materno e/o genitoriale, eros, l’amore sessuale e philia, l’amore filiale.
Il tema dell’amore è connesso al tema della conoscenza. Nella Bibbia si dice che Abramo conobbe Sara, per indicare che avevano avuto rapporti sessuali. Nel mondo greco l’insegnamento avveniva anche all’interno di una relazione d’amore tra maestro e allievo.
L’amore romantico è una delle forme dell’amore ed è connesso alla conoscenza di sé.
In termini psicoanalitici la dinamica dell’amore vede il suo maggiore approfondimento nel tema del narcisismo e della personalità narcisista.
Il narcisista è colui che possiede un’immagine interna di sé svalutata ed una grandiosa, la grandiosità è volta a compensare il sé svalutato. Pertanto l’altro è visto solo nelle sue qualità funzionali al soddisfacimento del sé grandioso, egli non può creare una dipendenza dall’altro perché ciò determina il crollo dell’immagine grandiosa di sé. Egli è unico, irripetibile, egli è un eroe e avere bisogno dell’altro significa non essere perfetto ed autosufficiente.
Per questo egli aggredisce l’oggetto d’amore sino alle forme più sofisticate di manipolazione che divengono delle vere e proprie strategie relazionali perverse.
L’affetto centrale è l’invidia, cioè la distorsione dell’ammirazione dell’altro. Se io non posseggo allora distruggo, perché tale confronto mi fa percepire la mia incapacità, la mia inferiorità e se sono inferiore non sono degno di essere amato. L’idealizzazione della madre e/o la sua seduttività diventano la via per essere amato. La proiezione dell’immagine della madre diviene il sé grandioso.
La modalità di relazionarsi sarà quella che avrà imparato con lei.
Tali processi accadono anche nelle normali relazioni d’amore e implicano la difficoltà di integrare l’amore e l’odio.
Freud parla del narcisismo delle piccole differenze per indicare il processo attraverso il quale il soggetto prova invidia dinanzi alla percezione della differenza tra sé e l’altro.
Questo processo sta alla base dei comportamenti razzisti, di quella difficoltà a tollerare il diverso da sé.
Nelle relazioni d’amore, attraverso il processo dell’identificazione proiettiva, la persona amata può diventare il ricettacolo di tratti, debolezze o colpe rifiutate del sé, e successivamente viene perseguitata proprio perché manifesta quelle caratteristiche.
Ciò accade anche perché la madre non ha avuto la capacità di offrire quel contenimento che permette al bambino di integrare gli affetti piacevoli e spiacevoli, amore e odio. Noi così replichiamo lo schema relazionale della prima relazione oggettuale nel tentativo di ottenere, inconsciamente, ciò che allora non avevamo avuto.
Ronald Britton descrive l’ansia claustrofobica che si manifesta all’interno della relazione di coppia come espressione della modalità di funzionamento mentale pre-edipica. Il complesso edipico è visto in prospettiva relazionale, come spazio mentale triangolare che consente di cogliere la dimensione prospettica della realtà psichica, implica la possibilità del terzo, quindi la possibilità di pensare. Nella modalità pre-edipica il soggetto è immerso nella simbiosi, non è stato tratto fuori dalla simbiosi dal “Padre”. L’ingresso del padre, nella relazione madre-figlio, implica la possibilità per il figlio di essere sottratto alla dimensione simbiotica che può essere vissuta sia come luogo sicuro e trionfante sia come campo di battaglia dove la rabbia e l’odio, volti all’uscita dalla simbiosi e alla crescita, sono bloccati dalla paura abbandonica da un lato e dalla seduzione dall’altro. Berne sosteneva che il Bambino può essere corrotto, quindi confuso, dalla seduzione e dalla paura. Per affermarsi il figlio deve avere un modello di come fare a sopravvivere e a vivere senza la madre. Questo modello è offerto, nella nostra cultura, dal padre. Come Ulisse al rientro ad Itaca libererà Telemaco sia dalla depressione e dalla paura della madre, sia dal mondo del godimento distruttivo dei Proci.
In questa prospettiva il problema non è solo il desiderio che il bambino ha nei confronti della madre, ma quanto la madre abbia usato il bambino per soddisfare i suoi bisogni narcisistici, quindi evolutivi, e quanto a tal scopo essa abbia rinunciato a investire nella relazione con il partner investendo il figlio del compito di diventare l’uomo che il padre non è stato. Un esempio cinematografico è il film “Alexander”.
Nella simbiosi materna il figlio è costretto a pensare a soddisfare il bisogno di sicurezza a scapito dell’esplorazione quindi del rischio. Essendo intrappolato in tale relazione egli non può utilizzare il pensiero per pensare, per giocare ed esplorare quindi per evolvere. Nella coppia tale dinamica può tradursi nel  vissuto di inadeguatezza quando il partner pone delle richieste. Il soggetto non è consapevole del fato che sta agendo nella vita per soddisfare il desiderio narcisistico della madre  per ottenere il suo amore. La richiesta del partner diviene una minaccia a tale progetto ed al contempo, a motivo delle richieste, egli si sente di nuovo inadeguato così come si sentiva da bambino dinanzi alla madre. Egli non può sintonizzarsi con l’altro perché la madre non si sintonizzò con lui. E’ suggestionato dall’idealizzazione materna, questo è un legame erotico. La madre guarda il figlio come il suo eroe e l’intrappola nel suo incantesimo.
Il messaggio è non essere un bambino, devi essere un adulto per essere degno del mio amore. In tal modo il bambino deve negare il suo bisogno di dipendenza e vivere la sua umanità come un difetto che gli impedisce di stare con la madre.
In verità la madre non vuole che sia autonomo ma che realizzi il suo progetto e che non la lasci sola. Lui non dovrà legarsi con nessuno, è un suo oggetto. Non avendo potuto sperimentare il legame sano, confonde l’eccitazione/idealizzazione con l’amore. Egli non sa cosa significa esser stato preso in cura, non conosce l’esperienza di un adulto che si prende cura di un bambino e lo sostiene nella sua crescita. E’ alterata anche la percezione del tempo. Non c’è l’esperienza del tempo utilizzato per costruire e far crescere qualcosa o qualcuno. Le sue difficoltà relazionali sono connesse al fatto che nessuno è stato con lui e soprattutto che “stare con” significa essere come l’altro ci vuole in una cornice sensoriale alterata
Questa dinamica si esprime a livello sociale, in occidente, nel mito del “self made man”  contrapposto al dilagare delle “dipendenze”.
E’ significativo, come osserva L. Zoja, che alcuni degli uomini di grande successo, ad esempio manager, posseggano caratteristiche simili agli psicopatici. Un esempio cinematografico è offerto dal recente film con L. Di Caprio “The Wolf”.
Ritornando al tema dell’amore romantico è importante dire che esso si svolge nell’equilibrio tra modalità di funzionamento mentale riflessivo, razionale, Adulto, depressivo (in senso Kleiniano) e funzionamento mentale schizoparanoide, Bambino, inconscio. Se la polarità Bambina impedisce la possibilità di riflettere e costruire un legame, quindi un contenitore, l’eccesso di funzionamento Adulto, depressivo, riflessivo produce una stagnazione nella relazione. Se ci centriamo eccessivamente sul bisogno di sicurezza perdiamo la possibilità di scoprire e di evolvere; in ottica sistemica i sistemi eccessivamente rigidi sono destinati ad estinguersi così come quelli eccessivamente flessibili.
“Pensare i propri pensieri favorisce integrazione, risoluzione e contenimento, tuttavia, se non c’è contrapposizione, sfocia in chiusura, stagnazione e insensibilità.” (Odgen).
Berne, a proposito del lavoro terapeutico, sostiene che è più sicuro avere un modello teorico e una tecnica ma che è solo immergendoci nel mare dell’esperienza terapeutica, cioè solo ascoltando cosa accade in noi quando siamo dinanzi ad un altro essere umano, che possiamo accogliere sentimenti e pensieri mai pensati ed è proprio questa possibilità, questo permesso che permetterà al paziente di fare altrettanto quindi di ampliare la conoscenza di sé ed evolvere.
“Coltivare l’amore romantico in una relazione è un’operazione che ha bisogno di due persone che sono affascinate dai modi in cui, individualmente e insieme, generano forme di vita su cui sperano di poter contare. Implica una tolleranza della fragilità di queste speranze intrecciate di realtà e fantasie, e una comprensione di come, nella ricchezza della nostra vita, le realtà divengano spesso fantasia, e le fantasie divengano spesso realtà.”.

4. Stephen Mitchell, L’amore può durare?, Raffaello Cortina, 2002, pag 155.
Il controtransfert erotico ed erotizzato: amore ed odio nel setting.

Nel 1906 Freud scriveva a Jung, en passant, “Si tratta proprio di una guarigione mediante l’amore”.
Freud era influenzato dalla sua esperienza circa la suggestione ipnotica che egli definiva legame erotico.
Per Freud la scelta del partner sentimentale è determinata dall’opportunità di rivivere la felicità e l’eccitazione insite nel desiderio edipico proibito.
L’innamoramento è un ritrovare sia l’oggetto edipico sia l’immagine di sé in relazione all’ideale dell’io.
In Freud l’amore è strettamente legato all’idea di ritrovare un oggetto perduto o ricercato.
Tale concezione rimane pressoché inalterata in ambito psicoanalitico.
Per J. Lacan: “L’amore è dare qualcosa che non hai a qualcuno che non conosci”.
Freud si trova a constatare le potenti forze dell’amore.
Ma si tratta di resistenza o di un veicolo alla guarigione?
E’ un sentimento reale o irreale?
E, soprattutto, è simile o è diverso rispetto all’amore che si prova al di fuori del contesto analitico?
Per Freud “ogni trattamento psicoanalitico è un tentativo di liberare quell’amore rimosso che aveva trovato in un sintomo una laboriosa soluzione di compromesso…”.
Diversi psicoanalisti (Kernberg, Brenner, Modell, Schafer, Hoffer), sostengono l’idea che l’amore di transfert è come l’amore vero, ma nel contesto di una relazione che è a termine, dove tale sentimento ha lo scopo di guarire il paziente attraverso la riedizione di un amore passato e anche di aspetti nuovi tipici della relazione con un nuovo soggetto.
In terapia ciascun membro della diade porterà con sé il suo abituale modello di relazione e d’amore.
Il transfert erotizzato, che si trova spesso nei pazienti borderline, e in coloro che nell’infanzia sono stati vittima d’abuso, si presenta come una richiesta tenace ed ego sintonica di gratificazione sessuale.
Lo stesso accade per il controtransfert erotizzato; il paziente diventa la rappresentazione di sé e dell’oggetto idealizzato proiettato che salverà il terapeuta dalla disperazione.
Se il terapeuta compie degli enactement di controtransfert fa si che il carattere “come sé” del controtransfert sia perduto e nei casi più grossolani il terapeuta si imbarcherà in una relazione sessuale con il paziente.
Il terapeuta ha il compito di analizzare l’amore e i suoi significati storici e attuali; ciò non significa rimanere difensivamente ancorato alla dimensione Adulta ma permettersi di partecipare attivamente e osservare riflessivamente.
E’ come se il terapeuta dovesse rimanere a galla anche nei momenti di mare agitato senza perdere di vista la meta. In questo viaggio egli potrà attraversare 4 possibili modalità di funzionamento della diade paziente/terapeuta in relazione ai sentimenti d’amore:
diade erotizzata: è la fase in cui il terapeuta sente egosintonicamente di essere innamorato del paziente;
spazio romantico: c’è amore ma esso è sentito al contempo reale e irreale;
spazio analitico: c’è una maggiore accentuazione della funzione riflessiva;
stagnazione analitica: dove non esiste alcuna passione nella coppia analitica e il processo appare vuoto e senza vita.

Ma nei rapporti d’amore o erotizzati si osserva la presenza di sentimenti di rabbia ed odio.
L’interesse altruistico per l’altro è costantemente in competizione con la spinta aggressiva a sfruttare, possedere e dominare l’altro.
L’aggressività non è in sé un elemento negativo della relazione d’amore; etimologicamente deriva, dal latino aggredior, “avvicinarsi”.
Secondo Kernberg la forza aggressiva va reclutata al servizio della relazione d’amore.
Bisogna distinguere la rabbia dall’odio. La rabbia è rivolta ad un dispiacere attuale, è volta a modificare una situazione attuale. L’odio vuole vendicarsi del’oggetto e così crea un legame indissolubile tra sé e l’oggetto.
L’aggressività è negativa quando è cronica o quando assume la forma dell’odio. Spesso chi vive in situazioni ambientali spiacevoli fonda la propria esistenza sull’aggressività e la distruzione degli oggetti.
Freud parla del narcisismo delle piccole differenze; differenze nell’oggetto d’amore possono essere vissute come ferite narcisistiche, il soggetto le percepisce come una critica implicita. La conseguenza è il pensiero che ciò che l’altro possiede sia comunque migliore, il che produce invidia, svalutazione difensiva e disprezzo.
Fritz Perls sottolineava l’importanza dell’aggressività nel permettere alla persona di entrare in contatto con l’esperienza e “masticarla” quindi elaborarla e farla propria.
Il bambino ha bisogno di poter modulare l’espressione dell’aggressività grazie alla capacità di contenimento della madre, cioè la madre deve rimandargli che la sua aggressività non l’ha distrutta quindi che i suoi tentativi di emergere e individuarsi sono positivi, se condotti in una forma protettiva per se stesso e per gli altri.
Ciò deve accadere anche nel setting, quando il terapeuta deve favorire la capacità del paziente di opporsi a lui per aiutarlo a distaccarsi da lui e a sviluppare un maggiore senso di autonomia.
Winnicott sostiene che la madre ha i suoi motivi per odiare il bambino e che l’odio è importante ai fini di rendere la relazione terapeutica reale, ciò che conta e la capacità del terapeuta di riparare l’odio dentro di sé.
Possiamo distinguere tre forme di transfert e controtransfert d’amore e d’odio.

Controtransfert d’amore:

  • Controtransfert d’amore erotizzato
  • Controtransfert d’amore erotico
  • Controtransfert ineccepibile positivo.

Controtransfert d’odio:

  • Controtransfert d’odio ineccepibile negativo
  • Controtransfert d’odio benigno
  • Controtransfert d’odio maligno.

La differenza tra controtransfert erotico e controtransfert erotizzato è che il primo è vissuto come egodistonico, cioè il terapeuta si rende conto che il suo desiderio è non adeguato. Nel secondo caso il terapeuta vive tali sentimenti come reali e adeguati.
In questo caso il terapeuta ha distrutto lo spazio analitico, cioè ha impedito la possibilità di pensare a ciò che accade per aiutare il paziente nel suo processo di sviluppo.
Si è comportato come il genitore incestuoso o incestuale che invade lo spazio del figlio con il suo desiderio; è il genitore che chiede la figlio anziché offrire a lui il contenitore protettivo attraverso il quale poter crescere e svilupparsi in vista della sua dipartita nel mondo degli adulti.

Cosa facilita il controtransfert erotico ed erotizzato?
In che modo la sessualità è connessa alla rabbia? La rabbia è una risposta alla paura e al dolore. La rabbia spesso è un’emozione parassita.
Come sostiene Mitchell, sin dalla nascita siamo condizionati dalle relazioni con i genitori e l’ambiente e questo influenza anche il nostro sistema nervoso. È probabile che il genitore stimoli eccessivamente il bambino, magari per evitare di entrare in contatto con i suoi vissuti spiacevoli, cioè stimoli in lui il piacere in relazione a situazioni frustranti. Questo utilizzo del piacere per contenere il dolore e la frustrazione può far sì che il piacere sia associato ad esperienze dolorose e questo potrebbe spiegare il motivo della persistenza in relazioni sado-masochistiche. I terapeuti che hanno vissuto l’esperienza di controtransfert erotizzati hanno rilevato che insieme al loro sentirsi “pieni d’amore” era presente un’ostilità che era fuori dalla loro consapevolezza.
Stoller ipotizza che il desiderio di nuocere e svilire sia spesso al centro dell’eccitazione erotica più intensa. Quest’ostilità nasce dal bisogno di difendersi dal vissuto doloroso evocato dagli oggetti primari. L’eccitazione provocata dal paziente riattiva l’antica ferita d’amore quindi la propria identità; la paura di perdere la propria identità può spingere il terapeuta a disprezzare il paziente.
Inoltre nella nostra cultura all’uomo è associata la posizione di dominanza e alla donna quella di sottomissione, pertanto per il terapeuta uomo ascoltare le fragilità di una donna può attivare tali sentimenti che inoltre possono essere associati alla possibilità di vendicarsi dell’umiliazione subita nell’infanzia dalla madre.
Il termine della terapia può attivare angosce sia nel paziente che nel terapeuta.
Il terapeuta può essere tentato di agire acting-out controtransferali per evitare il dolore proprio e del paziente, ma anche per negare i naturali sentimenti d’amore.
Uno degli elementi che facilita il transfert erotico è il bisogno d’idealizzazione e d’amore del terapeuta. Figli posti nel ruolo di genitori, che durante l’infanzia hanno dovuto sostenere l’autostima dei loro genitori offrendo loro amore e adorazione o perfino gratificazione sessuale, possono scoprire che la situazione si ripete in analisi nella dimensione transfert-controtransfert.
La posizione teorica dell’analista può essere utilizzata in maniera difensiva così come la sua ansia, ciò blocca la possibilità dello sviluppo e dell’analisi del controtransfert erotico.

Ai fini della gestione del controtransfert, è importante che il terapeuta che prova sentimenti sessuali nei confronti del paziente ha il compito di comprendere e distinguere in che modo tale sua reazione sia connessa in parte alla sua relazione oggettuale e in parte a quella del paziente. Solo vivendo l’intensa esperienza di far parte del mondo del paziente, possiamo sia immergerci in maniera piena nel nostro; sia immergerci in quella del paziente e così comprendere cosa egli ha vissuto, ciò di cui aveva bisogno, affinché possa oggi permettersi di sentire ciò che gli era precluso ma che era adombrato dalla sessualità.
Il terapeuta non deve comunicare il proprio contro transfer perché romperebbe lo spazio come sé della relazione terapeutica. Egli deve comportarsi come il padre fa nei confronti della figlia, egli non comunica i suoi sentimenti sessuali anche se li prova. Ciò permette alla figlia di poter fantasticare su di lui in una forma protetta.
Per Modell nel setting l’asimmetria non riguarda il desiderio ma la comunicazione del desiderio.
La situazione terapeutica deve avere la funzione di permettere al paziente di sentire ed essere consapevole della ricchezza del proprio desiderio, grazie alla presenza di un terapeuta capace di accogliere e contenere il desiderio erotico del paziente; ed è proprio questo lo specifico erotico della situazione terapeutica.
“Il segreto di avere una vita personale è non rispondere a troppe domande su di essa” (Joan Collins).
Al termine di una terapia riuscita il paziente sente di essere stato amato; cioè sente che il terapeuta si è occupato di lui, l’ha aiutato a scoprire se stesso, la sua verità, ha promosso la sua individuazione. Egli ha anteposto i bisogni del paziente ai propri, proprio come farebbe un buon genitore, quindi un Adulto Integrato. Con questo lavoro egli ha accresciuto la sua capacità di amare; perché si ama solo ciò che si conosce.

There ain’t No Cure for Love
Descrizione di un caso di gestione del controtransfert erotico

Esporrò brani estesi delle quattro fasi del processo terapeutico che l’Hargaden ebbe con il suo paziente Noel, distinguendo, come lei fa nell’articolo, tra ciò che accade in seduta e le riflessioni su ciò che è accaduto al suo interno.

Le quattro fasi del processo terapeutico.

I fase.
Romeo e Giulietta.
Il paziente appena arrivato allo studio le chiede di poter fumare, lei risponde di no e lui le dice “non perdi tempo tu eh!”, qui lei ha sentito la prima sensazione di piacere nei suoi confronti.
Il paziente le parla della donna di cui era innamorato e che gli aveva consigliato la terapia. Lei era affascinata da quest’intensa passione, dalla passione che Noel aveva per la sua innamorata Anna.
La terapeuta è pervasa da quanto fosse importante che Noel dicesse ad Anna che lui l’amava.
Lui non aveva ancora detto ad Anna che l’amava probabilmente perché aveva paura del rifiuto.
La terapeuta dopo un po’ si sente agitata, irrequieta, le sedute sembravano ripetitive. Quindi si domanda cosa volesse veramente chiedergli il paziente.

5.  Helena Hargaden, There ain’t No Cure for Love: the psycotherapy of an Erotic Transference (NON C’E’ CURA PER L’AMORE: LA PSICOTERAPIA DI UN TRANSFERT EROTICO) , TAJ, vol. 31, n. 4, ottobre 2001.  

Discussione:

Sono stata sedotta dal credere a un amore vero che è stato rappresentato in maniera malata sin dall’inizio. Sono stata portata al romanticismo e ho pensato ai grandi miti romantici della letteratura come Romeo e Giulietta dove c’era un amore idealizzato di quelli che possono andare male. Come mai?
Aveva bisogno di convincermi della sua eterosessualità o della sua potenza?
Fino a che lui non dichiara il suo amore ad Anna può tenere il suo potere nella relazione – un amore idealizzato
Come posso essere potente con lui in questa situazione idealizzata?
Lui idealizzava e non si avvicinava mai
Cosa stava evitando?
Noel sembrava bloccato nel desiderio e incapace di trasformarlo in qualcosa di più significativo
Mi stava parlando della sua impotenza?
Ho cominciato a sentirmi come se fossi stata su una giostra e forse ho colluso con la paura che facendo cadere i veli lui potesse entrare in depressione.
Non ho condiviso i miei vissuti di lui per paura che lui li trovasse invasivi e che questo avrebbe reso inefficace la terapia.
Non ho però mai perso la sensazione che in questo innamoramento ci fosse qualcosa di essenzialmente autentico di Noel.
Il fatto che anch’io fossi attratta da Anna rinforzava la sensazione che c’era qualcosa di autentico di Noel all’interno di questa fantasia.
Ma chi era Noel?

II fase
Conoscerti, conoscere tutto di te.

Noel ripetutamente tornava sulla storia di Anna. Ho cominciato a sentire che avevo una rivale, ero invidiosa che non avrei mai potuto arrivare al suo livello.
Era stato celibe per sette anni, e lei ha pensato: che spreco!
Noel spesso si sedeva al lato opposto di lei, in short, con le gambe aperte e dettagliava come gli piaceva fare l’amore con le donne.
Da un lato si sarebbe voluta sentire divertita dalla trasparenza di come lui si comportava e di ciò che diceva, invece era infastidita nel realizzare che si sentiva sessualmente attratta dall’idea che lui fosse un così bravo amante.
Noel era stato picchiato dal padre e aveva vissuto la madre come una donna senza potere ed inutile. Il padre di Noel era religioso e puritano, con una passione frustrata e invidioso di Noel.
La madre era sottomessa al padre e utilizzava la violenza del padre per tenere sotto controllo i figli.
Quando il padre picchiava Noel è probabile che provasse una passione sessuale, Noel invece provava piacere nel provocare il padre e poi nel negare qualsiasi tipo di dolore.
Si evidenziava una dinamica sadomasochistica, anche se non era chiaro “chi picchiava chi”.
Questa dinamica aveva generato in Noel un sentimento intenso di amore-odio.
Il senso di come amare era stato distorto e capovolto.
Poco dopo questa fase della terapia, lui si è messo in una relazione con una donna e credevo che la terapia stesse funzionando, invece era una situazione conflittuale.
Questa relazione rinforza l’amore idealizzato per Anna, non c’era altra donna che potesse sostituirla.
Discussione II fase.

“In questa fase della terapia ho individuato due aspetti predominanti del mio controtransfert.
Da una parte mi sentivo invitata, forse addirittura provocata, a sentirmi attratta da Noel, ma allo stesso tempo sentivo una resistenza intensa mescolata a frustrazione a quest’idea.
Sentivo che mi si stava prendendo in giro; possibile che lui mi stesse titillando e allo stesso tempo negando sapendo che non poteva esserci una relazione sessuale tra di noi all’interno della relazione terapeutica?
Questo mi ha fatto riflettere sui miei sentimenti verso di lui.
Forse mi sentivo infastidita dall’essere attratta da lui perché sentivo che lui mi stava eccitando semplicemente per ritrarsi.
Penso che tutti e due svalutavamo la realtà delle regole del setting per permettere lo sviluppo della dinamica sadomasochistica.
Il fatto che lui sapesse che non poteva esserci nessun contatto sessuale sembrava parte della presa in giro. Questo mi ha allertato sul potenziale aspetto sadico della sua sessualità e infatti questo si rivelò essere il suo schema relazionale con le donne: interessarle e ritrarsi, sedurle e ritrarsi.
Allora mi sono chiesta non è che Anna stesse aspettando disperatamente che lui si facesse avanti?
La mia resistenza in parte era dovuta alle mie sensazioni di insicurezza rispetto all’affacciarsi del sesso all’interno della relazione terapeutica.
Il tabù dell’incesto è così forte ed ha permeato la nostra comprensione del processo terapeutico in maniera così efficace che Mann non ha scritto nulla sino alla fine degli anni ’90.
Tuttavia nella mia relazione con Noel la sessualità era legata al problema che lui riscontrava nel  trovare una compagna con cui trascorrere la sua vita.
La mia resistenza forse poteva anche essere una risposta alle sue aggressioni passive, tipo “non sarò sedotta” oppure “se lo sono non te lo farò sapere”.
Inoltre mi sentivo anche intimidita dalla sua fantasia; la donna idealizzata che lui descriveva prendeva sempre più le forme di una dea a cui uno potrà aspirare ma con cui nessuno potrà mai competere.
Mentre analizzavo il mio controtransfert ho riconosciuto il mio senso di impotenza quando mi sentivo in competizione con Anna.
Forse Noel mi stava invitando a sperimentare com’era stata la sua relazione con il padre?
(il padre che lo picchiava e lui lo provocava)
Mi sono chiesta se per caso c’era un elemento sessuale nell’eccitamento del padre, una sessualità che risultò nell’umiliazione e nella brutalità di Noel.
A causa di questo mi è sembrato che condividere il mio controtransfert, avrebbe potuto essere potenzialmente brutale e umiliante. Come dicevo parte di me voleva ridere di lui e sono sicura che questa era una manifestazione inconscia del protocollo originario.
Nel riflettere sul mio controtransfert, mi è venuto in mente che la mia posizione di divertito distacco avrebbe anche potuto essere una mia costruzione per proteggermi dal sentirmi vulnerabile e piena di vergogna perché stavo sentendo sentimenti sessuali verso il mio paziente.
Mentre riflettevo su questi elementi mi è sembrato che la domanda per me e per noi era: come poteva esserci un contatto intimo e congruente tra me e Noel?
Insieme avevamo ricreato una dinamica interpersonale che in parte sembrava riflettere la relazione padre-figlio.
Forse il compito era di trovare un modo di trasformare questa dinamica in una dinamica intima ed emotivamente vicina.
Mann nel ’97 ha scritto circa le possibilità di utilizzare creativamente il controtransfert erotico.
Mentre analizzavo il mio controtransfert sono diventata più accogliente nei confronti dei miei vissuti. Ho realizzato quanto mi piacesse Noel e quali fossero le qualità realmente attraenti per me.
Lui era creativo nelle arti e condividevamo un amore per l’arte; io avevo un background politico vicino al suo.
Quando ricercavo materiale sul controtransfert erotico ho incrociato Diamond: lui ha enfatizzato la capacità e volontà del terapista di muoversi fluidamente tra i suoi attributi maschili e le sue risposte eterosessuali e omosessuali (per l’uomo e per la donna la parte femminile)
In questa terapia ero coinvolta appieno nella mia stessa sessualità.”.

III fase.
Ho bisogno che tu creda in me.
Nella terza fase della terapia mi sono rilassata nella relazione e questo si è tradotto in dei sottili cambiamenti tra di noi.
Ad esempio Anna divenne meno un focus, anche se quando Noel si sentiva minacciato la riportava nella conversazione.
Quindi anche se spesso sentivo sentimenti di reciprocità e di calore, bastava che non lo capissi e che non fossi sintonizzata con lui, magari riferendomi alle limitazioni della nostra relazione, per esempio enfatizzando il qui e ora, perchè lui subito si chiudesse e diventasse tangenziale parlando di Anna o cominciasse  farneticare su qualcos’altro.
Spesso mi veniva ricordata la fragilità della nostra relazione.
Noel sapeva poco della mia vita ma poteva inferire (o dedurre) dalla mia agenda e dagli oggetti del giardino  che avevo una vita familiare.
In questa fase ha portato questo sogno: era in una seduta con me e nella scena successiva era in cima ad un alto palazzo dove un uomo stava cercando di baciarlo. Lui indietreggiava e cadeva dal palazzo.
Arrivo io, vestita di bianco per prendermi cura di lui.
Nella scena successiva lui ed io stiamo camminando vicini con un bambino nella carrozzina.
Successivamente lui sta cercando di entrare nella mia casa sbattendo alle finestre ed alle porte, io sono dentro con delle persone e sono indifferente a lui. Lui vede un uomo scuro nel giardino (che potrebbe essere lui) si sente “beccato” e imbarazzato e se ne va.

Riflettendo sul sogno, il mio supervisore mi ha suggerito che l’uomo (che tenta di baciarlo) potesse rappresentare la latente omosessualità di Noel; io invece mi sono chiesta se non rappresentasse la relazione con il padre vicina ma brutale. Ad ogni modo, come già suggerito avrebbe potuto anche essere che la relazione di Noel con il padre, che era anche brutale, contenesse elementi omoerotici che hanno lasciato Noel spaventato dei suoi stessi sentimenti sessuali ed ambivalente circa la sua sessualità.
Quando parlavo del sogno con Noel, a lui piaceva particolarmente la parte di noi con il bambino nella carrozzina, che noi avevamo individuato come simbolico del prodotto della nostra unione.
Io lo vedevo anche nei termini di portare il suo bambino nella relazione.
Uno dei temi del nostro rapporto è che lui si sentiva nudo e indifeso davanti a me.
Lui spesso si lamentava che voleva fare una performance per me ma io non glielo permettevo: niente sesso, niente arte, niente seduzione.
Lui spesso si lamentava di questo, ma io sentivo sempre che lui mi diceva “grazie perché mi vedi”.
E mi è arrivata la conferma di questo poco dopo il sogno, perché discutendone ho tirato fuori con franchezza l’argomento dei nostri sentimenti sessuali in un modo che era sopportabile per lui e per noi. Lui è sembrato contento e al contempo mi ha detto che avrebbe avuto il cuore spezzato se avessi tradito la sua fiducia e se l’avessi sedotto sessualmente.
Io utilizzo quest’informazione chiedendogli se devo resistere ai suoi tentativi di seduzione e così facendo lo informo implicitamente di essermi resa conto che lui cercava di sedurmi.
Lui è sembrato contento di questa interpretazione e allo stesso tempo mi era molto chiaro che era infastidito dall’idea di poter essere usato sessualmente.
Penso che la sua risposta riflettesse la qualità dell’impasse tra di noi: io devo essere sedotto ma non sedotto e mollato con tutte le responsabilità per ciò che è accaduto.
Noel cercava di fare colpo su di me per creare una relazione emotiva sostitutiva, ma allo stesso tempo dichiarava chiaramente quanto fosse importante per lui essere visto e valutato solo per chi è veramente.
Una volta ha ghignato e ha detto: “ma non ti posso proprio ingannare?” e sembrava contento “qui mi sento nudo perché non posso usare le cose che uso di solito per fare colpo sulle donne”.

Discussione

Penso che il punto vitale in questa fase della terapia fosse che io avevo sufficientemente analizzato i miei sentimenti sessuali così da esserne meno spaventata e da poter comprendere l’elemento sadomasochistico.
Perciò non sono stata né ostile né seduttiva con lui.
Mi è stato chiaro il ruolo della sua vita immaginativa, perché ogni volta che io ero più adulta lui cascava nel parlare di Anna.
Allo stesso tempo ho permesso alle fluttuazioni delle mie risposte sessuali a lui e ad Anna di esistere senza cercare di reprimerle.
Noel e Anna stavano diventando sempre di più fusi in termini della mia risposta sessuale emozionale.
Il sogno invece suggeriva molte possibilità.
Spesso uno può trovare un filo o un tema in un sogno, ma questo sembrava particolarmente codificato. Io ho capito che il sogno sembrava riflettere la sua battaglia con il senso (core sense) di chi era lui nel mondo; sembrava importante per lui parlarmi della sua energia sessuale, ma non  era chiaro quanto lui ci fosse dentro o quanto lui osservasse se stesso dentro il sogno.
Io ho ritenuto il sogno positivo sotto diversi punti di vista
dimostrava che ero nella sua psiche
nel suo subconscio
e che in quel posto rappresentavo il potenziale per la vicinanza e la procreazione quindi anche per il rapporto sessuale e l’intimità

Nel suo sogno io lo curavo, lo facevo stare meglio; il risultato di questo sembrava essere che noi avevamo un bambino insieme.
Il sogno si riferisce alla sua paura dell’omosessualità; sono la persona che lo curerà e con cui avrà un bambino (quindi diverrà eterosessuale)? Il mio vestito bianco può suggerire purezza (forse l’immacolata concezione) oppure significa che sono stata idealizzata come un angelo o una dea?
Che cosa pensare della fine del sogno? Era incapace di entrare nella mia casa?
Poteva solo osservare? Era questo un problema di potenza? Può essere che il sogno ci stia dicendo le ovvie limitazioni della nostra relazione? Forse l’esclusione dalla mia casa era un’incursione dell’Io adulto che accettava e che addirittura era contento dei confini della relazione.
Ad esempio, una delle cose che ero arrivata a comprendere a questo punto era che, uno degli elementi essenziali nella sua fantasia, era che lui non scopriva mai la verità circa il fatto se Anna e le altre donne lo trovassero attraente come lui immaginava.
Lasciandogli capire che io lo trovavo attraente ho rotto l’incantesimo fantastico (cioè il fatto che nessuna donna avesse detto che lo trovasse interessante), ma di fatto non ho potuto agire, data la relazione terapeutica, quindi ho sperimentato in che modo lui tenga distante le donne attraverso la fantasia.
IV fase.
I want you – ti voglio.

Man mano che il transfert diventava più profondo le aspettative e le richieste di Noel nei miei confronti aumentarono.
In questa fase lui ha riproposto i sentimenti verso Anna nella relazione con me.
La richiesta del suo bambino era talmente forte che io ho cominciato a sentirmi materna nei suoi confronti e incline a nutrirlo e a dar seguito alle sue richieste. Ad esempio un giorno è entrato rapidamente e, dopo una pausa, si è seduto verso di me con entusiasmo e ha detto “questo non va bene. Ti devo vedere più regolarmente”. Io ero leggermente ansiosa; ho pensato che volesse vedermi due volte a settimana, ma invece trapelava che lui sentiva il bisogno di vedermi durante le mie vacanze e che si aspettava che io facessi di lui un caso speciale.
Una delle mie risposte iniziali era di dire si “certo che farò di te un caso speciale”; volevo prenderlo nelle mie braccia, metterlo nella carrozzina e portarlo con noi in vacanza. Ci volevo fare anche una battuta, nella modalità sadica del padre. Invece sono stata facilmente capace di mostrare tenerezza verso di lui e di interpretare il suo bisogno di essere amato e abbracciato senza farlo sentire in colpa e senza agirlo. Dopo la pausa, lui ha scelto di non venire due volte a settimana, ma ha cominciato a essere ostile nelle sedute, discutendo con me sul fatto che fosse sempre il mio tempo, la mia casa, la mia agenda; ha suggerito che ci incontrassimo a metà strada. Mi sono chiesta se volesse negare la relazione terapeutica e trasformarla in qualcos’altro, ma lui insisteva con i suoi punti, indifferente ai miei ragionamenti. Sono rimasta nella battaglia con lui, ma sono rimasta ferma. Lui ha sfogato la sua frustrazione e rabbia colpendomi in tutti i miei punti delicati, come l’uguaglianza, la giustizia, la democrazia, etc.
Ad ogni modo mi sono sentita ancorata, credendo fermamente che questi fossero tutti piani per sovvertire la terapia e tentativi di trasformarla in un’amicizia o qualcos’altro.
In questi momenti lui era costretto dentro i confini della relazione. La frustrazione di Noel con me si è manifestata con un tentativo più conscio di manifestare i suoi bisogni da qualche altra parte.
Dopo una pausa mi ha rivelato che aveva incontrato una nuova donna.
Questa volta c’era un sentimento differente; lei svolgeva un  tipo di lavoro diverso dal suo ed era anche in terapia.
Questo faceva sperare bene, lui era speranzoso. Man mano che la loro relazione andava avanti ci siamo trovati a visitare di nuovo il “terreno Anna”. Lui riportava questo sentimento di distanza con la sua nuova ragazza, non si poteva paragonare ad Anna, c’era un abisso tra la sua esperienza attuale e quella con Anna. Sembrava fossimo arrivati ad un momento cruciale della terapia.
Lui era convinto che fosse il momento di dover fare una scelta, così ha provato a fare degli approcci verso Anna: quello che è trapelato e che quest’amore non era reciproco ma che era un’ossessione. Abbiamo esplorato alcuni dei suoi sentimenti. Io non gli ho detto che quest’amore era un’ossessione.
A questo punto abbiamo parlato delle sue emozioni e ciò ha offerto un insight sulla natura della sua ossessione (quella per Anna).
La sua mamma aveva avuto un parto di una bambina nata morta propria prima che nascesse lui. Mentre parlavamo di questo, lui ha espresso questa sensazione di aver condiviso l’utero con un fantasma.
Era troppo pensare che il suo bisogno ossessivo di fantasticare fosse l’eco del fantasma della sorella che ossessionava la sua esistenza nella forma di Anna, che era forse solo una personificazione conveniente?
Noel ha trovato questa  interpretazione utile: ci si è connesso e l’ha utilizzata per consolidare il suo nuovo rapporto.
Discussione

Questa fase della terapia implica l’esperienza di Noel come un bambino.
La mia risposta controtransferale era di tipo materno: essere accuditiva. E di tipo paterno: prendendomi gioco dei suoi bisogni, prendendolo in giro. Sono stata immediatamente consapevole della dualità della mia esperienza.
Sapere questo ha reso possibile rispondere con tenerezza senza farlo vergognare, e in tal modo evitando di mettere in atto il comportamento controllante e intrusivo della madre e sadico del padre. Penso che questo sia stato un momento critico della terapia. Noel è diventato sufficientemente frustrato per rompere la sua fantasia e soddisfare i suoi bisogni in una maniera più reale.
Diamond nel 1993 scrisse che la capacità del paziente di separarsi dalla simbiosi dipende in parte dalla capacità del terapeuta di vivere un’identificazione sia materna che paterna.
Informazioni aggiuntive:
non è difficile immaginare che la madre di Noel fosse depressa (a causa della morte della bimba) e che non fosse disponibile
nonostante la coppia madre-neonato è stata ripulita da suo contenuto erotico comunque ci sono delle prove che suggeriscono che l’erotismo conscio e inconscio sono il cuore della relazione primaria Khout (1971) e Lichenstein (1970).
E quando un amore così va storto può essere risistemato? Come può uno psicoterapeuta capire i discorsi sconnessi di un cuore ferito?
“C’è chi dice che il cuore è come una ruota: una volta piegato non lo puoi riparare”.
In questo caso penso che l’analisi accurata del controtransfert sia stata cruciale perché io rimanessi disponibile emotivamente per Noel. Mi ha permesso di evitare di comportarmi sia seduttivamente, che era una grande tentazione, sia di ridere di lui, sia di diventare ostile.
Esiste una cura per l’amore?
Quanto è stata di successo questa terapia?
Ci sono stati dei gradi di successo:
sostenere una vicinanza emotiva con la nuova partner;
capacità di tollerare la vulnerabilità sua e della partner;
più sicuro di sé nel lavoro sviluppando obiettivi più realistici;
alla fine ha dovuto lasciare la terapia perché ha dovuto cambiare città.

La sua dipendenza e/o i suoi bisogni sessuali non sono stati elaborati sino in fondo.
E penso che questo l’abbia lasciato vulnerabile.
Uno degli aspetti di successo della terapia è stato il processo di integrazione aspetti maschili e femminili di Noel.
Questo processo è avvenuto attraverso la figura di anna. Anna rappresentava la parte femminile di Noel.
Io sono stata così affascinata dai suoi racconti di Anna che ho sentito che non era solo una fantasia ma in effetti lui stava descrivendo aspetti di se stesso senza saperlo.
La mia teoria è che Anna impersonificava degli aspetti di lui che lui era stato costretto a negarsi a causa della relazione brutale con il padre. Man mano che lui trasferiva alcuni di questi aspetti da Anna a me, praticamente è stato capace di lasciarla andare e di integrare queste parti di se stesso attraverso me.
Frequentemente sembriamo creare delle rappresentazioni inconsce di noi stessi in relazione alle nostre primissime relazioni, includendo le storie relazionali e le immagini di sé che hanno alcune di quelle qualità che noi crediamo caratterizzino le nostre primissime relazioni ed il nostro primissimo senso di noi.
Nella terapia con Noel io mi sono sentita coinvolta nell’ampiezza della mia sessualità che include sia connessioni eterosessuali ed omosessuali che identificazioni materne e paterne.
Forse una delle più significative transazioni che io non ho fatto nel lavoro con Noel è stato di confrontarlo sulla sua fantasia. Sarebbe troppo fantasioso dire che come risultato della terapia l’intera bellezza di Anna è rimasta intatta ma non più fuori di Noel, ora è dentro di lui?

Ciò che mi ha colpito dell’articolo è la capacità dell’autrice di pensare fluidamente ed integrare  ciò che pensa, sente ed immagina nel qui ed ora della relazione.
Credo che sia la possibilità di pensare in presenza dell’altro di cui parla Masud Khan, o lo spazio potenziale di Winnicott, quella capacità di stare “come un campo piantato a maggese”.
Lei descrive essenzialmente la gestione del suo controtransfert complementare sottolineando l’importanza del processo integrativo degli aspetti omosessuali ed eterosessuali, maschili e femminili grazie alla consapevolezza del terapeuta. Ciò che l’Hargaden non pone in risalto è come il suo controtransfert sia connesso alla propria relazione oggettuale.

Discussione

Questa fase della terapia implica l’esperienza di Noel come un bambino.
La mia risposta controtransferale era di tipo materno: essere accuditiva e di tipo paterno: prendendomi gioco dei suoi bisogni, prendendolo in giro.
Ed ero immediatamente consapevole della dualità della mia esperienza.
Sapere questo ha reso possibile rispondere con tenerezza senza farlo vergognare ed in tal modo evitando di mettere in atto il comportamento controllante ed intrusivo della madre e sadico del padre. Penso che questo è stato un momento critico della terapia, Noel è diventato frustrato abbastanza per rompere la sua fantasia e soddisfare i suoi bisogni in una maniera più reale.
Diamond nel 1993 scrisse che la capacità del paziente di separarsi dalla simbiosi dipende in parte dalla capacità del terapeuta di vivere un’identificazione sia materna che paterna.

Informazioni aggiuntive:

non è difficile immaginare che la madre di Noel fosse depressa (a causa della morte della bimba) e che non fosse disponibile
nonostante la coppia madre-neonato è stata ripulita da suo contenuto erotico comunque ci sono delle prove che suggeriscono che l’erotismo conscio e inconscio sono il cuore della relazione primaria Khout (1971) e Lichenstein (1970).
E quando un amore così va storto può essere risistemato, come può uno psicoterapeuta capire i discorsi sconnessi di un cuore ferito?
“C’è chi dice che il cuore è come una ruota una volta piegato non lo puoi riparare”.
In questo caso penso che un’analisi del controtransfert è stata cruciale perché io rimanessi disponibile emotivamente per Noel. Mi ha permesso di evitare di comportarmi sia seduttivamente, che era una grande tentazione, sia di ridere di lui, sia di diventare ostile.
Esiste una cura per l’amore?
Quanto è stata di successo questa terapia?
Ci sono stati dei gradi di successo:
sostenere una vicinanza emotiva con la nuova partner;
capacità di tollerare la vulnerabilità sua e della partner;
più sicuro di sé nel lavoro sviluppando obiettivi più realistici;
alla fine ha dovuto lasciare la terapia perché ha dovuto cambiare città.

La sua dipendenza e/o i suoi bisogni sessuali non sono stati elaborati sino in fondo.
E penso che questo l’abbia lasciato vulnerabile.
Uno degli aspetti di successo della terapia è stato il processo di integrazione aspetti maschili e femminili di Noel.
Questo processo è avvenuto attraverso la figura di anna. Anna rappresentava la parte femminile di Noel.
Io sono stata così affascinata dai suoi racconti di Anna che ho sentito che non era solo una fantasia ma in effetti lui stava descrivendo aspetti di se stesso senza saperlo.
La mia teoria è che Anna impersonificava degli aspetti di lui che lui era stato costretto a negarsi a causa della relazione brutale con il padre. Man mano che lui trasferiva alcuni di questi aspetti da Anna a me, praticamente è stato capace di lasciarla andare e di integrare queste parti di se stesso attraverso me.
Frequentemente sembriamo creare delle rappresentazioni inconsce di noi stessi in relazione alle nostre primissime relazioni, includendo le storie relazionali e le immagini di sé che hanno alcune di quelle qualità che noi crediamo caratterizzino le nostre primissime relazioni ed il nostro primissimo senso di noi.
Nella terapia con Noel io mi sono sentita coinvolta nell’ampiezza della mia sessualità che include sia connessioni eterosessuali ed omosessuali che identificazioni materne e paterne.
Forse una delle più significative transazioni che io non ho fatto nel lavoro con Noel è stato di confrontarlo sulla sua fantasia. Sarebbe troppo fantasioso dire che come risultato della terapia l’intera bellezza di Anna è rimasta intatta ma non più fuori di Noel, ora è dentro di lui?

Ciò che mi ha colpito dell’articolo è la capacità dell’autrice di pensare fluidamente ed integrare  ciò che pensa, sente ed immagina nel qui ed ora della relazione.
Credo che sia la possibilità di pensare in presenza dell’altro di cui parla Masud Khan, o lo spazio potenziale di Winnicott, quella capacità di stare “come un campo piantato a maggese”.
Lei descrive essenzialmente la gestione del suo controtransfert complementare sottolineando l’importanza del processo integrativo degli aspetti omosessuali ed eterosessuali, maschili e femminili grazie alla consapevolezza del terapeuta. Ciò che l’Hargaden non pone in risalto è come il suo controtransfert sia connesso alla propria relazione oggettuale.

Conclusioni

Gli studi sul controtransfert che ho incontrato per redigere questo lavoro si sono intrecciati con la mia esperienza personale e professionale, ciò mi ha permesso di comprendere con maggiore chiarezza il focus del lavoro terapeutico. Tale focus coincide con il motivo per cui ho scelto questa professione: essere veicolo di cambiamento grazie alla disponibilità a lasciarmi attraversare dalla presenza dell’altro. Ciò di cui non ero consapevole era la mia difficoltà ad assolvere a questo compito. L’analisi del controtransfert permette al terapeuta di andare a fondo ai suoi conflitti ed affrontarli. Significa comprendere il perché della scelta di questa professione. Grazie a questo faticoso e affascinante lavoro possiamo diventare adulti, forse quelli che avremmo voluto incontrare nella nostra infanzia. E’ possibile che dietro le quinte si annida la sfida narcisistica di essere migliori dei nostri genitori, per scoprire che avevamo bisogno solo che fossero semplicemente autentici, umani. Ma questo è lavoro di un’intera vita dedicata alla cura di sé. Al fondo troviamo il bisogno di essere amati e le forme che abbiamo costruito nell’intento di ottenerlo. Il lavoro sul controtransfert è anche comprendere quanto è mio e quanto è dell’altro e cosa sto facendo per soddisfare i miei bisogni anziché quelli dell’altro. L’aspetto positivo del nostro lavoro è che diventiamo più bravi quanto più siamo capaci di amare, quindi di conoscere i complessi modi con cui ci difendiamo ed auto inganniamo. L’amore come capacità di cogliere ciò che fa bene all’altro è connesso alla conoscenza. Si ama solo ciò che si conosce e solo ciò per cui ci si affatica.
Nel controtransfert erotizzato noi riviviamo la relazione con chi si è preso cura di noi, una delle relazioni oggettuali più importanti ai fini della nostra sopravvivenza.
In questa relazione possiamo osservare i diversi modi in cui il corpo e il pensiero, biologia e cultura, innato ed appreso, si sono intrecciati. E soprattutto possiamo osservare in che modo siamo stati ingannati; come sostiene Berne il bambino è corrotto dalla paura e dalla seduzione.
Infine ciò che dobbiamo apprendere è la capacità di poter pensare in presenza dell’altro; è questa la condizione per poter conoscere se stessi e gli altri quindi per poter evolvere.
Concludo con una citazione di Berne che per me esprime la prospettiva della terapia psicodinamica così come la sto apprendendo da Michele Novellino: “…stando sulla piccola isola dell’intelletto, molti di noi tentano di capire il mare della vita, ma al massimo possono capire solo i relitti galleggianti, la flora e la fauna che sono gettati sulle spiagge. Usare un microscopio verbale o meccanico per osservare ciò che troviamo non ci aiuterà molto a sapere ciò che c’è oltre l’orizzonte o nel profondo. Perciò dobbiamo nuotare ed immergerci, anche se la prospettiva ci sgomenta.”6.

6. Eric Berne, Intuizione e Stati dell’Io, Astrolabio, pag.38.

Bibliografia

Eric Berne, Fare l’amore, Bompiani, 2012.
Eric Berne, Intuizione e Stati dell’Io, Astrolabio, 1992.
Morris N. Eagle, Da Freud alla psicoanalisi contemporanea, Raffaello Cortina, 2011.
Glen O. Gabbard, Amore e odio nel setting analitico, Astrolabio, 2003.
Robert Langs, Guida alla psicoterapia, Bollati Boringhieri, 1988.
Paolo Migone, La terapia psicoanalitica, Franco Angeli, 2002.
Stephen Mitchell, L’amore può durare?, Raffaello Cortina, 2002.
Michele Novellino, Seminari clinici, Franco Angeli, 2010.
Michele Novellino, Seminari berniani, Franco Angeli, 2014.  
Otto F. Kernberg, Relazioni d’amore, Raffaello Cortina, 1995.
Otto F. Kernberg, Sindromi marginali e narcisismo patologico, Bollati Boringhieri, 2005.
Heinz Khout, Lezioni di tecnica psicoanalitica, Astrolabio, 1997.
Stefana-A. Gamba, “Cenni storici sul controtransfert: da Freud alla scuola inglese delle relazioni oggettuali” in Psicoterapie e Scienze Umane, Franco Angeli, n. 3, 2013.
J. Sandler, C. Dare, A. Holder, Il paziente e l’analista, Franco Angeli, 2014.
Daniel N. Stern, L’altra faccia della luna: l’importanza della conoscenza implicita nella terapia della Gestalt, in Il permesso di creare a cura di M. Spagnolo Lobb e Nancy Amendt.Lyon, Franco Angeli, 2007.

Back to Top