Intimità e contatto in AT

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Il contatto: approfondimenti e considerazioni

L’esperienza di ogni individuo avviene sulla linea di confine che delimita il suo Io e sulla zona di confine è possibile il contatto. Ogni persona si riserva uno spazio entro il quale si muove con sicurezza, determinato dalle sue esperienze individuali. La tendenza naturale è quella di evitare il rischio e quindi il contatto con tutto ciò che realmente, o per effetto di “fobia”, appare minaccioso. A questa tendenza corrisponde l’altra polarità del contatto: il ritiro.
I fenomeni che si verificano sulla linea di confine, quindi di separazione, tra l’interno e l’esterno, sé e l’altro, possono essere di due ordini: perdita del confine e rigidità del confine.
La perdita del confine conduce verso la confluenza simbiotica caratterizzata da eccessivo attaccamento alle persone o alle cose, nonché da uno stato confusionale  che non permette più di distinguere, come separati, gli elementi che costituiscono l’esperienza.
L’eccessiva rigidità del confine comporta una netta separazione tra sé e l’altro, fino all’isolamento di chi evita ogni forma di contatto, per timore di perdersi in qualche tipo di coinvolgimento che non potrebbe controllare.
La difficoltà è di mantenere nel contatto la propria individualità, permettendo che i poli dell’incontro restino due.
Sia nel caso che l’esperienza avvenga al proprio interno, sia che si manifesti nel rapporto con ciò che è fuori, un contatto profondo viene idealmente raggiunto quando si può superare la “scissione duale” tra lo sperimentatore e l’esperienza, che detto in altri termini comporta l’essere pienamente presenti nell’esperienza che si sta vivendo. Questa è la meta di molti insegnamenti spirituali e pratiche di meditazione che tendono alla integrazione. Integrare vuol dire entrare in contatto consapevole con l’esperienza, nel momento in cui si verifica. Il contatto è l’elemento essenziale della consapevolezza, che altrimenti resterebbe pura comprensione intellettuale.
Capire quale sia il proprio bisogno di per sé non è sufficiente per produrre consapevolezza: è necessario il contatto con l’oggetto del bisogno.
L’altro elemento che caratterizza il contatto, oltre la consapevolezza, è “l’essere nel presente”. Vivere nel presente significa riconoscere come unico tempo quello attuale: il passato non c’è più ed il futuro è soltanto possibile. Il rimanere legato a ciò che è stato e l’ansia per quello che sarà, impediscono di vivere con pienezza l’esperienza del momento.
Lo scopo della terapia della Gestalt, e non solo, è quello di ripristinare il contatto perduto eliminando la separazione tra gli aspetti scissi della personalità. La scissione base è quella di separare se stesso dalla propria esistenza, fino a divenire osservatore di ciò che si sperimenta.
La mente imprigiona con i suoi giudizi, modelli e ideali, allontana dal bisogno ideale e conduce all’impasse. In fondo la nevrosi deriva proprio dalla mancanza di contatto con l’esperienza che si sta vivendo. Quando l’individuo si immerge nel qui-e-ora non c’è spazio per l’impasse. Non ci sono approvazione o disapprovazione provenienti dal passato già vissuto o dal futuro paventato, “quasi una fantasia allucinatoria che non permette di vivere la realtà del momento” (Ferrara, 1989).
Un importante contributo alle pratiche atte a ristabilire in maniera diretta il contatto perduto, è stato dato da Claudio Naranjo, che ha sviluppato la Gestalt-meditazione, nei suoi due aspetti del contatto con sé e del contatto con l’altro, quest’ultimo realizzato attraverso esperimenti di “meditazione con parole” (1970) praticati nella relazione Io-Tu.

L’intimità: il contatto in Analisi Transazionale

In Analisi Transazionale il termine che più si avvicina a quello di contatto è quello di intimità. Esaminando ciò che Berne dice a proposito dell’intimità è possibile rintracciare dei ponti tra l’Analisi Transazionale e la Gestalt.
In Analisi Transazionale e Psicoterapia , Berne, a proposito dell’intimità scrive:
–    “Quando la programmazione individuale, solitamente istintuale, diventa più intensa, gli schemi sociali e le ultime limitazioni si indeboliscono. Chiameremo crasi tale condizione, che è una genuina interconnessione di personalità; o, con un termine più familiare, di intimità.”. In Gestalt si parla di avvicinamento verso il confine di contatto; processo che qui Berne esplicita attraverso l’accantonamento degli “schemi sociali e le ultime limitazioni”. Qui Berne si occupa di intimità all’interno della descrizione delle possibilità di strutturazione del tempo. L’intimità ne è una forma secondo Berne poco usata nella nostra società. La dimensione della temporalità è elemento in comune con la Gestalt (vedi sopra), dal punto di vista filosofico se, come dice Callieri citando Heidegger, “Anche l’esser-solo dell’esser-ci è coesistenza nel mondo (…). L’esser-solo è un modo deficitario del co-essere”. Cioè l’assenza di intimità, o contatto, ci dice della separazione da noi, quindi dall’”altro” con il quale costruiamo o abbiamo costruito il nostro esser-ci. Il deficit esistenziale è espressione di quella Gestalt aperta, che abbiamo cognitivamente chiuso attraverso la costruzione di una “maschera” o struttura di personalità. In questo senso l’analisi transazionale e la Gestalt sono vicini alla filosofia esistenzialista ed in particolare alla categoria della possibilità. L’interruzione di contatto e l’incapacità di essere intimi grazie alla costruzione di un copione limitante riducono le possibilità di soluzioni creative nell’incontro dell’individuo con il “mondo”.

 

In Principi di Terapia di Gruppo :

–     “L’intimità è uno scambio, libero da giochi,di espressioni affettive interiormente programmate, e va chiaramente distinti dalla pseudo-intimità che è comune nelle forme istituzionalizzate di terapia di gruppo, dove l’espressione affettiva viene incoraggiata senza attenta valutazione della sua autenticità. In quest’ultimo caso l’espressione affettiva è prevalentemente programmata socialmente (esteriormente) più che interiormente, ed è di solito parte di un gioco al quale il paziente partecipa con acquiescenza. E’ cosa diversa dall’acuta esperienza che si ha quando in un gruppo, in rarissime occasioni, si arriva ad una vera intimità.”. Qui Berne parla dell’intimità sempre a proposito della strutturazione del tempo, più avanti Berne parla di intimità fisica:
–    “Il neonato inizialmente richiede una stimolazione tattile, ma ben presto una stimolazione uditiva diviene accettabile come suo supplemento…..Il riconoscimento verbale, tuttavia, non sembra avere un effetto biologico altrettanto biologico altrettanto profondo quanto il riconoscimento tattile. L’organizzazione sociale si basa su una limitazione tattile, e porta a un’insufficiente gratificazione in questo campo. Anche se il riconoscimento e la stimolazione tattili sono dati liberamente, come nell’amore e nel matrimonio, raramente vengono recepiti con la stessa mancanza di riserve quali quelli offerti originariamente dalla madre, e pertanto vi è di solito un residuo più o meno grande di quella che potrebbe essere chiamata “fame tattile”. …..Via via che la persona cresce, la fame tattile e la fame di altri stimoli si intrecciano, in modi simbolici complessi, con le situazioni, i privilegi, le restrizioni, le responsabilità e le esigenze sociali. Dal basso, quella fame primaria risale e da adito a un’insoddisfazione per la vita quale essa è, nonché a una fame di “appagamento”. Prosporre tale appagamento crea un atteggiamento che colloquialmente chiamiamo “aspettare Babbo Natale”.”.
–    Più avanti Berne sostiene che: “Dal punto di vista transazionale, le persone più autentiche al mondo sono quei bambini la cui visione del mondo e i cui rapporti non sono stati ancora gravemente danneggiati dalla “confusione”. In effetti, l’analisi transazionale, cerca di ricreare nel paziente quella chiara consapevolezza e quella candida capacità di intimità dell’infanzia, quali si hanno per esempio nei primi rapporti tra il bambino e sua madre.”.  Il concetto di confusione sembra riecheggiare quello di confluenza simbiotica. Ritorna la parola consapevolezza che, nel suo significato, sembra distanziarsi dall’accezione gestaltica, sensibile all’influenza del buddismo, per connotarsi come momento squisitamente concettuale. Eppure Berne si riferisce alla chiarezza come può averla un bambino è probabile che si riferisca alla stessa esperienza, quella dell’esser-ci, della presenza nel qui-e-ora.
A proposito dell’intimità, in un altro scritto, Berne si esprime così:
– “L’intimità è una franca relazione Bambino-Bambino aliena da giochi e dallo sfruttamento reciproco. Viene stabilita dagli stati dell’io adulto delle parti interessate, in modo che essi capiscono bene i mutui contratti e impegni, a volta senza che sia detta una sola parola su questa questione…Le autentiche transazioni intime avvengono fra i due stati dell’io bambino…Una volta che il Bambino è libero dalla circospezione adulta e dalle critiche parentali, prova un senso di esultanza e di consapevolezza.”
Il confine, gestalticamente inteso, in Berne diviene consapevolezza dello stato dell’Io in cui mi trovo. Il primo passo verso il contatto, l’esultanza e consapevolezza del bambino, è la decontaminazione degli stati dell’io soprattutto dalle influenze genitoriali. Cioè accade quando, come dice Berne colloquialmente, sono in grado di tornare dai miei genitori e godere della loro presenza.

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