Disturbi d’ansia

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Introduzione

L’ansia è un affetto che fu fondamentale per la nascita della psicoanalisi; circa cento anni fa Freud coniò il termine nevrosi d’angoscia e distinse due forme di angoscia.

  • la prima è un diffuso senso di inquietudine o di paura che nasce da un pensiero o desiderio rimosso, curabile con la psicoterapia;
  • la seconda forma di angoscia era caratterizzata da un sopraffacente senso di panico, accompagnato da manifestazioni di scariche neurovegetative, tra le quali sudorazione profusa, aumento dei ritmi respiratori e cardiaci, diarrea e un senso soggettivo di terrore. Questa seconda forma venne chiama Nevrosi Attuale.

Per Freud l’ansia ha due significati:

  1. È la manifestazione di un conflitto nevrotico cioè una lotta tra un desiderio (sessuale o aggressivo) e il divieto del super Io teso a inibire la consapevolezza del desiderio perché ritenuto riprovevole;
  2. È il modo per allontanare la consapevolezza del conflitto stesso.

Il sito biologico dell’ansia sembra essere il Locus Coeuruleus che si occupa di attivare o disattivare i neuroni inibitori che vengono attivati dall’acido gamma-aminobutirrico (GABA).
Dal punto di vista neurofisiologico sembra che l’amigdala, cioè la struttura cerebrale designata per cogliere il segnale di paura, è attivata prima che il segnale possa ottenere una verifica dalle aree della corteccia cerebrale, cioè quelle aree che attivano il pensiero razionale.
Dal punto di vista psicologico le persone ansiose hanno una carenza nella costruzione di un oggetto interno costante, cioè non hanno la possibilità di fare affidamento, nelle situazioni percepite come pericolose e/o stressanti, a una persona che, internamente, li rassicuri e li sostenga.

Qui di seguito alcuni dei più diffusi disturbi d’ansia.

Fobia Specifica e Sociale

Disturbo d’Ansia Generalizzato

Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Disturbo di Panico e agorafobia

 

FOBIA SPECIFICA E SOCIALE

La fobia specifica si caratterizza per una marcata e persistente paura, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o di una situazione specifici (per es. animali, sangue, volare, altezze, etc.).
Le fobie specifiche sono dunque comportamenti di evitamento di cose o situazioni specifiche che attivano un’ansia sproporzionata e irragionevole.

La fobia sociale si contraddistingue per una paura marcata e persistente nei confronti di situazioni sociali o prestazioni che comportano l’esposizione a persone non familiari o il possibile giudizio di altri. In tali situazioni la persona teme di mostrare ansia o di agire in modo umiliante ed imbarazzante.

Così come per le fobie specifiche, anche un certo grado di ansia sociale può considerarsi come un’esperienza comune, per esempio quando si deve parlare in pubblico o si affronta un esame, o si partecipa a feste o riunioni senza conoscere nessuno. Il confine fra normalità e patologia lo troviamo   nel forte disagio e notevole compromissione della vita sociale e lavorativa che il disturbo produce nelle persone che ne soffrono.
La teoria psicoanalitica spiega la fobia sociale come conseguenza dell’interiorizzazione nel Super Io e nell’Ideale dell’Io di rappresentazioni di genitori o agenti di cura o fratelli, idealizzati nelle loro capacità e prestazioni, e che inducono vergogna o imbarazzo, criticano, ridicolizzano, umiliano per le ovvie goffaggini dei primi tentavi di esibizione delle proprie capacità. La proiezione di questi introietti sugli estranei permette alla persona di gestire l’ansia con l’evitamento.
Le teorie comportamentali considerano la fobia sociale, similmente alle fobie specifiche, come un comportamento appreso mediante condizionamento classico, operante e imitazione di modelli.
Le teorie cognitive danno rilievo alla tendenza a prestare attenzione agli stimolo negativi e all’immagine di sé presentata agli altri, ad una più alta aspettativa sul verificarsi di eventi negativi nel futuro, e ad un deficit nell’apprendimento delle abilità sociali che faciliterebbe il non sentirsi a proprio agio con gli altri, e l’essere oggetto di critiche per gli errori commessi.

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO

Anche in questo caso è importante distinguere il disturbo dalle preoccupazioni cosiddette normali e da quelle transitorie, il carattere distintivo di questo disturbo è, infatti, la cronicità e pervasività della preoccupazione ansiosa con i suoi correlati somatici, e la mancanza di controllo della preoccupazione, che non permette alla persona di gestire efficacemente i problemi che di volta in volta assillano la sua mente. Vi sono evidenze di eventi di vita stressanti nell’insorgenza del disturbo. La comorbilità con altri disturbi d’ansia e dell’umore è alta, ed è maggiore la frequenza nelle donne.

La teoria psicoanalitica spiega il disturbo d’ansia generalizzato come la conseguenza dell’attivazione persistente dell’angoscia segnale a seguito di eventi di vita collegati associativamente con conflitti intrapsichici o traumi rimossi della storia della persona. La persistenza del segnale d’ansia e la variabilità dei contenuti a cui si appoggia viene spiegata con l’inefficienza dei vari meccanismi di difesa messi in atto, o a causa di un Io fragile o a causa di una persistente sollecitazione di situazioni ambientali collegate con conflitti intrapsichici e traumi rimossi.

Il modello esplicativo comportamentale è del tutto simile quello proposto per le fobie.
Il modello esplicativo delle teorie cognitive si basa sui concetti di controllo e impotenza. Le persone che soffrono di questo disturbo percepirebbero gli eventi potenzialmente minacciosi come completamente fuori del loro controllo. A ciò si aggiungerebbe una tendenza ad interpretare gli stimoli ambigui come minacciosi, un’attenzione privilegiata per gli stimoli minacciosi, anche quando non sono percepibili a livello conscio, e una più alta aspettativa sul verificarsi di eventi negativi nel futuro.
Le ricerche biologiche ipotizzano in questi pazienti la presenza di un difetto del sistema GABA che inibisce l’ansia.

DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO

Il disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e di compulsioni così definite:
Ossessioni: pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti che la persona vive come intrusivi o inappropiati, che causano ansia e disagio marcati, e che la persona tenta di ignorare o sopprimere attraverso altri pensieri o azioni. Questi pensieri, impulsi o immagini non sono semplici preoccupazioni per avvenimenti della vita reale e la persona riconosce che sono prodotti della propria mente e non imposti dall’esterno.
Compulsioni: comportamenti ripetitivi (es. lavarsi, riordinare, controllare) o azioni mentali (es. pregare, contare mentalmente) che la persona sente di dover mettere in atto in risposta ad un’ossessione e secondo regole rigide, per prevenire o ridurre il disagio, o per prevenire, in modi non realistici o eccessivi, eventi temuti.

Le ossessioni o le compulsioni devono, inoltre, causare marcato disagio, far consumare tempo o interferire significativamente con le abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo o con le attività relazionali e sociali usuali.

Saltuarie ossessioni (per es. sotto forma di pensieri, immagini o melodie che si presentano improvvisamente nella mente senza apparente motivo, creando fastidio per il loro contenuto o per la difficoltà a metterli da parte) o compulsioni (per es. sotto forma di rituali propiziatori prima di qualche evento importante, o che si trasformano in abitudini) fanno parte, in qualche momento della vita, dell’esperienza comune delle persone, senza tuttavia interferire in modo significativo con le normali attività. Ben diversa è la situazione delle persone che soffrono del disturbo ossessivo-compulsivo per le quali la quotidiana presenza dei sintomi ossessivi e/o compulsivi, persistenti e incontrollabili, diventa fonte di notevole disagio e di significativa compromissione della vita affettiva, sociale e lavorativa.
La teoria psicoanalitica spiega il disturbo ossessivo-compulsivo come la conseguenza dell’attivazione di meccanismi di difesa per controllare l’angoscia attivata da eventi di vita collegati associativamente con conflitti psichici rimossi. Questi ultimi vengono ricondotti fondamentalmente al timore di perdere il controllo su desideri e impulsi di natura aggressiva e/o sessuale ritenuti come riprovevoli e vergognosi da un Super Io rigido, frutto dell’interiorizzazione delle aspettative e dei divieti dei genitori durante il periodo dell’apprendimento del controllo comportamentale e degli sfinteri.

Le teorie cognitivo comportamentali considerano le compulsioni come comportamenti appresi rinforzati dalla conseguente riduzione dell’ansia. Per le ossessioni viene ipotizzato che in questi pazienti, a causa di esperienze infantili da cui hanno appreso che alcuni pensieri sono pericolosi o riprovevoli, non tollerino pensieri spiacevoli che si affacciano casualmente alla mente per cui cercano di sopprimerli creando un effetto paradosso di una forte concentrazione su di essi.
La prospettiva biologica ipotizza una possibile diatesi genetica e un ruolo della dopamina e dell’acetilcolina.

DISTURBO DI PANICO E AGORAFOBIA

ATTACCO DI PANICO

L’attacco di panico si manifesta come un preciso periodo di paura o disagio intensi, durante il quale si sviluppano improvvisamente, raggiungendo un picco in circa dieci minuti, almeno quattro dei seguenti sintomi: 1) palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia; 2) sudorazione; 3) tremori fini o a grandi scosse; 4) dispnea o sensazione di soffocamento; 5) sensazione d’asfissia; 6) dolore o fastidio al petto; 7) nausea o disturbi addominali; 8) sensazione di sbandamento, d’instabilità, di testa leggera o di svenimento; 9) derealizzazione (senso d’irrealtà del mondo) o di depersonalizzazione (sensazione di essere distaccati da se stessi); 10) paura di perdere il controllo o di impazzire; 11) paura di morire; 12) parestesie (sensazione di torpore o di formicolio); 13) brividi o vampate di calore.
Gli attacchi di panico sono definiti come causati dalla situazione quando sono fortemente associati a fattori scatenanti ben individuabili, come sensibili alla situazione quando l’associazione è meno forte, e inaspettati quando appaiono in situazioni che non li giustificano. Per fare diagnosi di disturbo di panico devono essere presenti attacchi inaspettati e ricorrenti, mentre l’esclusiva presenza di attacchi causati dalla situazione riflette la presenza di una fobia.

AGORAFOBIA

Con agorafobia si intende l’ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un attacco di panico inaspettato o sensibile alla situazione o di sintomi tipo panico. Il timore agorafobico riguarda situazioni caratteristiche che includono l’essere fuori casa da soli, l’essere in mezzo alla folla o in coda, l’essere su un ponte, il viaggiare in autobus, in treno od in automobile. Tali situazioni vengono attivamente evitate oppure sopportate con grande disagio e con l’aspettativa di incorrere in un attacco di panico, oppure viene richiesta la presenza di un accompagnatore.

Indicazioni terapeutiche

La psicoterapia porta generalmente a cambiamenti a lungo termine funzionali e strutturali del cervello che sono in rapporto con l’espressività di geni specifici (Kandell, 1983).
Il trattamento dei disturbi d’ansia spesso è un mix di terapia farmacologica e psicoterapia.

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